
27 Apr Dalla diade alla triade: quando nasce un figlio
La famiglia è un organismo vivente: ha una storia, nasce, cresce e si trasforma nel tempo.
Il motore di questo processo di crescita è dato dall’interazione di due forze, apparentemente contrapposte, ma in realtà in continuo equilibrio dinamico: una forza che mira al mantenimento di uno stato di equilibrio raggiunto, e una forza che spinge verso il cambiamento, il superamento di quanto già conquistato e costruito, perché già non più funzionale alle esigenze e ai bisogni dei singoli membri, anche essi in evoluzione costante, e alle richieste della realtà esterna. L’interazione continua tra queste due forze, fa si che la famiglia, nel suo insieme, possa costruire la sua storia e procedere nella sua crescita.
La nascita del primo figlio è un’esperienza entusiasmante ed appagante ma anche, soprattutto inizialmente, destabilizzante. S’intrecciano emozioni forti e ambivalenti tra gioia e smarrimento.
Questo passaggio evolutivo è molto delicato e complesso. Delicato perché stravolge esigenze, ritmi e priorità. Complesso perché da una diade si passa ad una triade e non solo.
Nascono un padre ed ed una madre (non solo più coniugi), nascono dei nonni e degli zii.
Nascono le aspettative dei genitori che si vuole essere, le aspettative che si riversano sul partner e sul genitore che si vorrebbe che fosse e queste spesso non coincidono con la realtà dell’altro.
Si risvegliano i genitori interni vissuti nel passato che si vorrebbero emulare o dimenticare agendo in modo opposto.
Sopraggiunge la necessità di ridefinire la relazione coniugale che deve fare spazio al terzo nuovo arrivato, senza rinunciare ad una propria relazione di coppia.
Tutto questo lavoro rimodulando i ruoli e la posizione di ognuno nei confronti della propria famiglia di origine. E’ importante rinegoziare i confini con essa e il riconoscimento del proprio nuovo status genitoriale, oltre a quello di figli, che dona sicurezza e sostegno alla nuova triade senza sostituirsi ad essa.
Ogni coppia ha in sé la potenzialità per crescere il proprio bambino, se riesce a credere in se stessa, se è disposta a dialogare e ad ascoltarsi con impegno e dedizione malgrado i numerosi cambiamenti.
Eppure spesso un figlio, soprattutto un primogenito, divide anziché unire la coppia.
Elemento fondamentale è appunto il dialogo (dia– tra e logos-parola/discorso):
un dialogo in verticale tra le generazioni,
un dialogo in orizzontale che appartiene alla diade coniugale e genitoriale,
un dialogo all’interno della nuova triade, con il proprio figlio e infine con se stessi.
Insieme a questo viaggia l’ascolto che arricchisce o impoverisce la qualità della relazione. La capacità di fermarsi e sintonizzarsi rispetto ai bisogni del bambino e del partner offre l’opportunità di rispondere a quanto l’altro sente/chiede e non a ciò che ci si aspetta o si vorrebbe da parte sua.
Senza il tra le persone non si incontrano e la crescita sia del bambino che dei suoi neo genitori sarà faticosa e senza un adeguato riconoscimento.